sabato 11 agosto 2012

ERRARE PER LA VIA DEGLI DEI | Capitolo sesto, dove si prendono decisioni difficili


Mi sveglio riposato e pieno di energia. Questa sarà l’ultima tappa e fin dalla sera precedente si attorciglia nelle mie budella un misto di entusiasmo e pre-nostalgia per la fine del viaggio. Sospetto che sia così un po’ per tutti, anche se nessuno lo ammette apertamente. Colazione con le ultime briciole di biscotti rimaste, lavaggio denti, riempimento bottiglie e siamo già in partenza. Anche questa volta ci incamminiamo mentre i nostri amici, accampati poco distanti da noi, stanno ancora finendo di prepararsi.

La tappa inizia con una discesa morbida fino alla provinciale. C’è persino un capriolo, in pieno giorno, che sembra volerci dare la sua benedizione. Attraversiamo la strada asfaltata per riprendere il sentiero, passando sotto il ponte ferroviario, così come scritto sul nostro libro. Al bivio successivo però, Wu Ming 2 indica una direzione, mentre i segni Cai invitano a procedere sul sentiero opposto. Non abbiamo con noi altre cartine, altre guide, altri riferimenti oltre alle scarne parole dispensate con il contagocce nella pagine ormai consumate dalla polvere e dal sudore del nostro amato e odiato “La via degli dei”. Abbiamo scelto così, perché il Cammino preservasse quella parte di scoperta e quel senso di avventura, che diversamente non avrebbe mai avuto. E abbiamo già dimostrato a noi stessi di saper accettare l’errore, il tempo perso, la fatica sprecata, come inevitabile tributo da pagare per la nostra scelta. E anche se oggi è il giorno dei giorni, la tappa della verità, scegliamo con una leggerezza che è quasi noncuranza: questa volta seguiremo il Cai.
Il sentiero comincia a salire, le poche abitazioni che incontriamo si fanno sempre più rade. Qualcuno ci offre da bere, qualcun altro ci conferma vagamente che da qui è possibile arrivare al Monte Senario. Nella prima vera sosta mi accorgo di aver lasciato due bottiglie da mezzo litro al Castello di Trebbio. Non ci voleva, ma in fondo ho altra acqua e probabilmente troveremo fontane lungo il sentiero. Ci inerpichiamo sempre più su, fino a incontrare una casa isolata, dove un curioso signore alleva pappagalli in giardino. Ci fermiamo un momento a dare un'occhiata e ripartiamo.

Dopo altri seicento metri di salita incrociamo un cartello che ci lascia perplessi: indica il sentiero Bologna-Firenze, ma la direzione della freccia è in senso contrario. Non le diamo troppo peso: la freccia a pennarello potrebbe essere stata aggiunta da qualcuno per divertimento, oppure potrebbe servire per i viaggiatori partiti da Firenze.

Ma dopo forse un paio di chilometri, i dubbi cominciano ad assalirci. Il sentiero non sembra procedere nel modo giusto, non ci sono più segni del Cai le ultime speranze di poter chiedere a qualcuno si artigliano a un gruppetto di case in cima a un monticello lontano.
Cominciamo a chiederci se sia il caso di tornare indietro, perlomeno sino alla casa dei pappagalli, dove a Fillo sembra di aver scorto una deviazione del sentiero. Scegliamo di tentare prima con le case aggrappate al monticello. Il ginocchio di Fillo è ormai fuori uso, Izzo e Piccio sono pieni di vesciche. Andrò io, lasciando lo zaino ai miei compagni. Se scoprirò che la strada è corretta, chiamerò loro al telefono e mi porteranno lo zaino. In caso contrario scenderò nuovamente.

Senza zaino sembra di volare, nonostante la salita e il suolo sassoso. Cerco di fare più in fretta che posso. Arrivo a una biforcazione. A destra le case, a sinistra un sentiero Cai segnato, ma la destinazione indicata non ha nessun riscontro sul nostro libro. Prima le case, mi dico.
Suono, chiamo, busso, grido. Nessuno. Entro nei diversi cortili, sbircio dalle finestre. Nessuno di nessuno. Sconsolato scendo dai ragazzi. “Nessuno a cui chiedere, ma a sinistra c’è un sentiero e la direzione potrebbe non essere sbagliata, a occhio”. Dobbiamo decidere in fretta, il tempo passa: tornare sino alla casa dei pappagalli o tentare il sentiero sconociuto?

Scusate, voi cosa avreste fatto al nostro posto?